Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

28/03/24

Com’è veramente Gerusalemme oggi: una Città Multietnica


Categoria: EDITORIALI E COMMENTI
Pubblicato Lunedì, 05 Febbraio 2018 19:57
  • Anna Mahjar-Barducci

A Gerusalemme, lingue, religioni ed etnie si incrociano quotidianamente. I media internazionali insistono nel descriverci una città, dove vige l'apartheid. Ma la realtà non potrebbe essere più diversa.

 

I Negozianti Arabi Nel Centro di Gerusalemme

 

Ogni giorno, migliaia di palestinesi e arabi-israeliani vengono da Gerusalemme Est a lavorarare a Gerusalemme Ovest. Nelle botteghe del centro di Gerusalemme, sulla Rehov Yafo, i commessi, i camerieri e gli inservienti sono generalmente arabi. E, la mattina, per le strade della città, può capitare di vedere giovani ragazzi, che trasportano verdura fresca ai vari ristoranti, canticchiando fra di loro canzoni palestinesi e libanesi.

 

Anche nel caratteristico mercato di frutta e verdura, Mahane Yehuda, si parla un misto di ebraico e arabo. Ogni mattina, venditori con la kippah in testa aprono il loro banco accanto a quello di venditori palestinesi. Alcuni negozianti ebrei, nati a Casablanca, comunicano in arabo con accento magrebbino con gli altri commercianti palestinesi, mostrando la bandiera del Marocco attaccata al loro banco di avocadi israeliani e topinambour.

 

Spostandosi sulla Rehov King George, sempre nella zona del mercaz ha'ir (il centro della città), commercianti di souvenir e cinture in pelle parlano fra di loro in farsi, mentre decine di taxi passano ogni minuto di fronte ai loro negozi, trasportando avanti e indietro locali, expats (lavoratori stranieri) e turisti.

 

Il tassista di Gerusalemme è anche lui un personaggio caratteristico degno di nota. Che sia arabo cristiano, musulmano, israeliano ebreo non religioso/religioso, armeno, druso, condurrà comunque il passeggero alla destinazione richiesta senza pregiudizi sull'etnia di chi sta trasportando a bordo.

 

I Medici Arabi

 

Un altro settore "multi-etnico" è sicuramente quello ospedaliero. Negli ospedali di Gerusalemme, Haddassah e Sharei Tsedek, i medici sono sia israeliani-ebrei sia arabi. In sala operatoria, un medico può avere nel suo team medici, tirocinanti ed infermieri arabi, israeliani, e specializzandi, provenienti da vari paesi del mondo.

 

Di Shabbat, inoltre, il personale ospedaliero è formato prevalentemente da medici arabi, che hanno studiato all'Università Ebraica ed anche all'estero. I pazienti, ovviamente, sono di tutte le etnie. Ed è frequente che un arabo ed un israeliano si ritrovino nella stessa stanza di ospedale con i letti vicini. E anche quando l'uno non conosce la lingua dell'altro, i pazienti cercano un modo di chiacchierare fra di loro per tenersi compagnia.

 

Farmacie

 

Le farmacie del centro città sono un altro luogo che rappresentano la pluralità della società israeliana. La storica farmacia "Alba", sulla Rehov Yafo, ha nel suo staff vari farmacisti arabi, un farmacista di origine francese, che si occupa di fitoterapia, e una farmacista di origine russa. La farmacia "Super-Pharm", vicino alla promenade di Ben Yehuda, ha un team formato in prevalenza da giovani farmaciste arabe. Così anche la nota farmacia New Pharm sulla Rehov King George, un tempo conosciuta con il nome di "Ora", ha al momento solo farmacisti arabi, fra cui Abbas, che parla perfettamente l'italiano.

 

Le scuole

 

Le scuole gerosolomitane sono forse i luoghi d'incontro meno "misti". I palestinesi preferiscono mandare i propri figli nelle scuole di Gerusalemme Est, che ha un'ampia scelta di istituti pubblici e privati. Le scuole cattoliche, come il Collège des Frères nel quartiere cristiano della città vecchia, sono le più quotate.

 

La bourgeoisie palestinese però preferisce le scuole internazionali. Al primo posto, c'è il Lycée Français di Gerusalemme, che dipende dal Consolato francese, e offre un curriculum bilingue (francese-inglese o francese-arabo). Circa il 70 per cento degli studenti del Lycée è formato da palestinesi, il resto da figli di expats (figli di diplomatici o di personale delle Nezioni Unite). Al secondo posto, c'è la Jerusalem School a Beit Hanina, quartiere di Gerusalemme Est, dove si insegna inglese, arabo ed ebraico. La scuola anglicana (AISJ) e quella americana (JAIS), con tariffe che si aggirano intorno ai 10.000 euro all'anno, sono le altre scelte della classe medio-alta palestinese.

 

A Gerusalemme ovest, molte delle scuole sono mamlachti dati (religiose). Ci sono però anche scuole laiche, come il Nissui (sperimentale), che si trova in centro città. Gli studenti che frenquentano questo istituto sperimentale sono sia ebrei sia cristiani. I bambini cristiani sono di origine etiope, filippina e figli di coppie "miste" (e.g. padre ebreo e madre cristiana). Durante le feste natalizie, la scuola addobba un abete che accoglie tutti gli studenti all'entrata.

 

Sempre a Gerusalemme, nel quatiere di Talpyot, si trova la scuola Yad b' Yad, che haun curriculum bilingue ebraico-arabo ed è frequentata sia da israeliani-ebrei sia da arabi.

 

La Messa in Ebraico

 

Sempre in centro città è anche possibile partecipare ad una messa in ebraico. Sulla Rehov Rav Kook, si trova infatti il Vicariato San Giacomo per i cattolici di lingua ebraica, conosciuto fra i fedeli come la Kehilà. Il parroco, Padre Rafik, è di origine libanese ed ogni sera alle 6.30 celebra la messa in ebraico. I fedeli sono per lo più di origine francese e ci sono anche molti figli di lavoratori filippini, la cui lingua madre è l'ebraico. Una delle caratteristiche di questa Kehilà è di cercare di integrare i figli di lavoratori stranieri nella società israeliana. Per esempio, durante la festività ebraica di Sukkot (Festa delle Capanne), la chiesa costruisce nel suo cortile una grande sukkah (capanna), dove si riuniscono i fedeli per mangiare insieme, come da tradizione ebraica.

Conclusione

 

I media internazionali non ci raccontano mai la realtà gerosolomitana, preferiscono invece promuovere la propaganda dei gruppi estremisti. A Gerusalemme, però, nonostante i movimenti terroristici cerchino nuove intifade, le persone vogliono normalità. E la quotidianità pertanto diventa quella dell'incontro con l'Altro.

 


 

- Gerusalemme, quella voglia di intifada che non c'è

 

 



Nuova Agenzia Radicale - Supplemento telematico quotidiano di Quaderni Radicali
Direttore Giuseppe Rippa, Redattore Capo Antonio Marulo, Webmaster: Roberto Granese
Iscr. e reg. Tribunale di Napoli n. 5208 del 13/4/2001 Responsabile secondo le vigenti norme sulla stampa: Danilo Borsò