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29/03/24

Chi vincerà le elezioni nel nostro fragile sistema democratico?


Categoria: EDITORIALI E COMMENTI
Pubblicato Mercoledì, 10 Gennaio 2018 23:24
  • Silvio Pergameno

Chi vincerà le elezioni? Mah! Una volta con questa domanda si chiedeva di indovinare quale sarebbe stato il partito che avrebbe ottenuto più voti, anche se poi tutti i concorrenti dopo la votazione trovavano modo di dire che avevano ottenuto qualche vittoria. In questa tornata elettorale la domanda contiene un vero e proprio trabocchetto.

 

Infatti per vincere in una situazione nella quale l’esito più probabile sarà quello che ci saranno tre partiti che si equivarranno grosso modo nelle percentuali di voti riportati senza che nessuno dei tre, soprattutto, goda di una preferenza politica – come ai tempi della prima Repubblica ne godeva la DC e in un quadro in cui poi già più o meno si sapeva quali sarebbero stati gli alleati – allora l’indovinello potrebbe consistere nel fare previsioni su quali saranno le coalizioni o accoppiate che dir si voglia (non pare proprio che si potranno mettano d’accordo tutti e tre) .

 

Non sarebbe, tuttavia, un esercizio molto fruttuoso e soprattutto molto intelligente. Al punto in cui siamo oggi colpisce forse più di tutto un fatto che può apparire più lontano dalla competizione del 4 marzo e dai suoi esiti immediati: non tanto quindi il rilievo che hanno assunto le promesse elettorali e le iniziative cui singoli personaggi centrali nello schieramento politico stanno dando luogo, quanto un fatto che sino a poco tempo fa sarebbe stato del tutto imprevedibile: nel complesso Silvio Berlusconi non è più il cattivo soggetto di cui si parlava. Anzi, anche ex avversari usano toni sussiegosi nel parlare di lui…

 

Questo fatto non va sottovalutato: è un indice importante di come il personaggio viene valutato, tenuto conto della sua storia, della circostanza che nel 1994 nessuno si aspettava che vincesse le elezioni, che la sua comparsa e soprattutto la sua durata e le sue ripetute resurrezioni (compresa l’ultima) dimostrano che, quali che siano le qualità del politico, una funzione ce l’ha avuta e ce l’ha nel panorama italiano, quale che poi possa essere il giudizio sul merito del lavoro fatto.

 

Tanto più che oggi il Cavaliere è in attesa della sentenza di Strasburgo sul suo ricorso contro la legge Severino, che gli impedisce di candidarsi alle elezioni. La sentenza arriverà sicuramente dopo il 4 marzo anche se l’udienza è oggi e forse gli stessi giudici potrebbero tirarla per le lunghe proprio per evitare che un atto di natura giudiziaria possa avere un impatto (e di rilievo) su un’elezione politica, quale che ne fosse la natura; accoglimento o rigetto del ricorso.

 

E in effetti, quale che sia il giudizio politico su Berlusconi e la sua opera, una legge che impedisce la candidabilità alle elezioni di un cittadino che abbia riportato una condanna penale appare assai poco democratica, sol che si pensi che assai spesso proprio i politici di idee avanzate (magari un po' troppo) sono finiti dietro le sbarre…

 

Questi fatti testimoniano, comunque, della fragilità del nostro sistema democratico, come conferma il fatto che la classe politica non riesca a smuovere l’astensionismo di un elettorato che nel passato (e specialmente nel secondo dopoguerra) aveva partecipato al momento elettorale con molta convinzione, proprio perché si aspettava dalla ritrovata democrazia dei cambiamenti di rilievo, proprio dall’azione dei poteri pubblici, che il partito fascista aveva concentrato nelle sue mani. Mentre poi situazioni difficili sul piano della governabilità si registrano anche in altri paesi europei, in Germania e in Spagna, per non parlare di diversi stati dell’est dove si palesano eventi preoccupanti...

 

Queste semplici considerazioni dimostrano soprattutto una cosa: che la democrazia vive di grandi battaglie e momenti politici e non del tran tran modesto di forze politiche standard che arrivano alle consultazioni elettorali solo per vedere chi domani sarà al vertice delle istituzioni, con tanti cittadini indotti a pensare che “non vale la pena di andarne a votare, perché tanto sono tutti uguali”.

 

 



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