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29/03/24

Grillo e la partitocrazia, se si "piange" sull'odio versato


Categoria: EDITORIALI E COMMENTI
Pubblicato Lunedì, 03 Settembre 2012 20:48
  • Ermes Antonucci

“Il rito quotidiano dell'Odio da parte di aizzatori di professione nei miei confronti, nei confronti degli appartenenti al MoVimento 5 Stelle e dei miei collaboratori sta diventando fragoroso, insopportabile, indecente. Lo scopo è quello, chiaro, di creare dei mostri da abbattere per mantenere lo status quo”. Sono le parole utilizzate da Beppe Grillo sul suo blog in un post, dal titolo “Due minuti d’odio”, nel quale l’ex comico genovese cita il celebre romanzo di George Orwell, 1984.

 

Nell’intervento Grillo descrive, parafrasando un brano del celebre romanzo, una manifestazione di protesta contro di lui e del suo movimento, che darebbe l'idea del clima d'odio nei suoi confronti. Nella pagina campeggia l’immagine di Emmanuel Goldstein, protagonista di 1984, che a causa della sua opposizione al Grande Fratello è costretto a subire ogni giorno manifestazioni di isteria collettiva, i cosiddetti due minuti d'odio.

 


E poi il gran finale: “Non discutono mai nel merito, insultano, fomentano con l'obiettivo di isolare, infamare, distruggere. E dopo? Cosa verrà dopo? Dal tiro al bersaglio metaforico, si passerà a quello reale? L'informazione sta sconfinando in molti casi in istigazione a delinquere come avvenne negli anni di piombo. Li diffami, li isoli e poi qualcuno li elimina”.

 

Qualcuno si è chiesto: ma il Grillo che oggi si lamenta degli insulti è lo stesso Grillo che organizzava i Vaffanculo Day? La risposta è sì, con l’unica differenza che ora c’è di mezzo un partito, anche se linguisticamente mascherato da “movimento”. Tutto ciò fa sì che Grillo debba impegnarsi quotidianamente non solo a mantenere il proprio consenso elettorale, ma anche a provare ad ampliarlo. A tal fine, Grillo da sempre ondeggia tra due estremi: la leva della rabbia, da una parte, con la quale si identifica il nemico (la casta) e ci si aggrega nel nome della resistenza; e la leva del vittimismo, con la quale si alimenta la mobilitazione per difendersi da un reale o fittizio attacco esterno.

 

Un movimento emotivo, più che politico, che gioca sulle sensazioni della gente, fondandosi su proposte astratte, mai discusse democraticamente e imposte dall’alto. Un movimento, inoltre, che pur avendo come obiettivo la distruzione della classe politica italiana (“morta e sepolta”), cela con il suo attivismo populista la propria inconsistenza politica, giungendo in questo modo a costituire uno strumento favorevole e congeniale allo stesso sistema che si intende eliminare.

 

Un mondo, quello grillino, intriso di contraddizioni, facili da rilevare e semplici da utilizzare per smascherare un soggetto che si propone di dare voce al popolo ma che nulla ha di democratico e di partecipativo.

 

Per i partiti, insomma, fronteggiare un movimento di protesta che fa acqua da tutte le parti rappresenta semplicemente un sogno. Si riesce, così, ad evitare qualsiasi analisi, discussione e proposta di riforma concreta di un sistema partitocratico ormai asfissiante da sempre estraneo ai meccanismi liberal-democratici di un paese.

 

Evoca persino gli anni di piombo, Grillo. Lui che per i suoi insulti fino a ieri, a torto o a ragione, veniva identificato come autore di una possibile deriva violenta nella società italiana. Chi ha una buona memoria ricorderà l’editoriale dell’ex direttore del Tg2 Mauro Mazza all’indomani del V-Day: "Cosa accadrebbe – disse Mazza –  se un mattino qualcuno, dopo aver ascoltato quegli insulti contro tizio e contro caio, premesse il grilletto?".

 

Gli insulti di cui parla Mazza non erano certo quelli degli odierni “aizzatori di professione”, bensì di Grillo, che ora piange, o finge di piangere, sul latte dell’odio da lui stesso versato.

 



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