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29/03/24

I Tuareg, intervista a Moussa Ag Assarid


Categoria: DIRITTI E LIBERTA'
Pubblicato Venerdì, 10 Agosto 2012 09:26

L’Associazione Arabi Democratici Liberali ripropone un’intervista realizzata dal giornalista spagnolo Victor M. Amela a Moussa Ag Assarid, scrittore ed esponente del Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawad (MNLA). Ag Assarid è infatti il responsabile per l’Europa dell’MNLA ed è anche il responsabile per l’Informazione del Consiglio transitorio dello Stato dell’Azawad, guidato dall’MNLA. Ricordiamo che l’MNLA è il movimento che si sta battendo per l’indipendenza della regione dell’Azawad dal Mali. L’MNLA sta al contempo lottando contro Al-Qaeda nel Maghreb Islamico.

 

 

Ag Assarid è inoltre l’autore di “Non ci sono ingorghi nel deserto” (EMI, Editrice Missionaria Italiana 2007) e di “Bambini delle Sabbie. Una scuola tra i tuareg”, (EMI, Editrice Missionaria Italiana, 2008). In entrambi i libri, Ag Assarid racconta il suo popolo, i Tuareg - che letteralmente significa ‘abbandonati” - e la sua terra, il deserto dell’Azawad.

 

Giovane autore e leader politico, Ag Assarid mette al centro della sua lotta politica la laicità e il diritto all’educazione. Si è impegnato nella costruzione di una scuola per i bambini del deserto dell’Azawad e ha fatto della penna la propria arma bianca, per dare voce al suo popolo, vittima di discriminazioni e di violenze da parte del governo centrale del Mali.

 

Qui di seguito riproponiamo alcuni estratti dell’intervista, tradotta in Italiano dal Tavolo di Intercultura di Torre Angela (Roma). Link originale (A.M.B.)

 

 

“L’azzurro per i tuareg è il colore del mondo”

 

Moussa Ag Assarid: “Non conosco la mia età: sono nato nel deserto del Sahara, senza documenti…! Sono nato in un accampamento di nomadi tuareg tra Timbuctù e Gao, al nord del Mali. Sono stato pastore di cammelli, capre, pecore e mucche di mio padre. Ora studio Economia all’Università di Montpellier [Francia]. Non sono sposato. Difendo i pastori tuareg. Sono musulmano, senza fanatismo.”

 

Victor M. Amela: Che bel turbante!

 

MAA: “È una leggera stoffa di cotone: permette di coprire il viso nel deserto quando si alza la sabbia e nello stesso tempo di continuare a vedere e a respirare.”

 

VMA: È di un azzurro bellissimo…

 

MAA: “Per questo a noi tuareg ci chiamano gli uomini blu: la stoffa stinge e la nostra pelle si tinge di azzurro…”

 

VMA: Come ottenete questo color indaco così intenso?

 

MAA: “Con una pianta chiamata indaco, mescolata con altri pigmenti naturali. L’azzurro per i tuareg è il colore del mondo”.

 

VMA: Perché?

 

MAA: “È il colore dominante: quello del cielo, che è il tetto della nostra casa.”

 

È necessario che un popolo sparisca perché il mondo si accorga che esisteva

 

VMA: Chi sono i tuareg?

 

MAA: “Tuareg significa ‘abbandonati’, perché siamo un antico popolo nomade del deserto, solitario e orgoglioso: ‘Signori del deserto’ ci chiamano. La nostra etnia è la amazigh (berbera) e il nostro alfabeto è il tifinagh”

 

VMA: Quanti siete?

 

MAA: “Tre milioni e la maggioranza è ancora nomade. Però la popolazione diminuisce… ‘E’ necessario che un popolo sparisca perché ci accorgiamo che esisteva’, denunciava una volta un saggio: io lotto per preservare questo popolo.”

 

VMA: A cosa vi dedicate?

 

MAA: “Portiamo al pascolo cammelli, capre, pecore, mucche e asini in un regno di infinito e di silenzio...”

 

VMA: Davvero è così silenzioso il deserto?

 

MAA: “Se stai solo in quel silenzio, senti il battito del tuo cuore. Non c’è luogo migliore per trovare se stessi.”

 

VMA: Quale ricordo della sua infanzia nel deserto ricorda con maggiore nitidezza?

 

MAA: “Mi sveglio con il sole. Lì ci sono le capre di mio padre. Loro ci danno latte e carne e noi le portiamo dove c’è acqua, erba… Così faceva il mio bisnonno, mio nonno e mio padre…. E io. Non c’era nient’altro al mondo se non questo e io ero molto felice.”

 

VMA: Si? Non sembra molto stimolante…

 

MAA: “Invece lo è molto. Quando hai sette anni già ti lasciano allontanare dall’accampamento, insegnandoti le cose importanti: a fiutare l’aria, ascoltare, aguzzare la vista, orientarti con il sole e le stelle… E a lasciarti condurre dal cammello, se ti perdi: ti porterà dove c’è acqua.”

 

VMA: Sapere questo è prezioso, senza dubbio…

 

MAA: “Lì tutto è semplice e profondo. Ci sono pochissime cose e ognuna ha un enorme valore!”

 

VMA: Quindi questo mondo e quello sono molto diversi, no?

 

MAA: “Lì ogni piccola cosa dà gioia. Ogni sfiorarsi è prezioso. Sentiamo una gioia profonda per il semplice fatto di toccarci, di stare insieme! Lì nessuno sogna di diventare, perché ciascuno già è!”

 

Il problema della siccità

 

VMA: Che cosa l’ha shoccato di più durante il suo primo viaggio in Europa?

 

MAA: [...] Nell’hotel Ibis [a Parigi], ho visto il primo rubinetto della mia vita: ho visto scorrere l’acqua… e mi è venuta voglia di piangere.”

 

VMA: Che abbondanza, che spreco, no? [...]

 

MAA: “Sì. All’inizio degli anni ’90, c’è stata una grande siccità [in Azawad], sono morti gli animali, ci siamo ammalati… Io avrò avuto dodici anni e mia madre è morta… Lei era tutto per me! Mi raccontava le storie e mi ha insegnato a sua volta a raccontarle. Mi ha insegnato ad essere me stesso.

 

VMA: Che cosa è successo alla sua famiglia?

 

MAA: “Ho convinto mio padre a lasciarmi andare a scuola. Quasi ogni giorno percorrevo a piedi quindici chilometri. Fino a che il maestro non mi ha lasciato un letto per dormire e una signora mi dava da mangiare quando passavo davanti casa sua. Allora ho capito: mia madre mi stava aiutando…”

 

VMA: Da cosa è nata questa passione per la scuola?

 

MAA: “Da quando un paio di anni prima era passata per l’accampamento la Parigi-Dakar e ad una giornalista cadde un libro dallo zaino. Lo raccolsi e glielo restituii. Me lo regalò e mi parlò di quel libro: Il piccolo principe. E io ho promesso a me stesso che un giorno sarei stato capace di leggerlo.”

 

VMA: E c’è riuscito.

 

MAA: “Sì. E fu così che ebbi una borsa di studio per studiare in Francia.”

 

VMA: Un tuareg all’università…!

 

MAA: “Ah, quello che mi manca di più qui è il latte della cammella… e il fuoco. E camminare scalzo sulla sabbia calda. E le stelle: lì le guardiamo ogni notte e ogni stella è diversa dall’altra, come ogni capra è diversa dall’altra… qui di notte guardate la televisione.”

 

“Qui avete l’orologio, lì abbiamo il tempo”

 

VMA: Si. Cos’è che le sembra la cosa peggiore di qui?

 

MAA: “Avete tutto, però non vi basta. Vi lagnate. In Francia, passano la vita lagnandosi! Vi legate per tutta una vita ad una banca e c’è un’ansia di possedere, una frenesia, una fretta…

 

Nel deserto non ci sono ingorghi, perché nessuno vuole superare nessuno!”

 

VMA: Mi racconti un momento di intensa felicità nel suo lontano deserto

 

MAA: “Capita ogni giorno, due ore prima del tramonto: diminuisce il caldo e il freddo non è ancora arrivato e uomini e animali tornano lentamente all’accampamento e i loro profili si stagliano su un cielo rosa, azzurro, rosso, giallo, verde…”

 

VMA: Affascinante, e poi?

 

MAA: “E’ un momento magico… Entriamo tutti nella tenda e bolliamo il the. Seduti, in silenzio, ascoltiamo il rumore del the che bolle… La calma ci invade tutti: I battiti del cuore si adeguano al ritmo del the che bolle…”

 

VMA: Che pace…

 

MAA: “Qui avete l’orologio, lì abbiamo il tempo”.



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