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19/04/24

Libertà religiosa, Corte di Strasburgo condanna British Airways per l'hostess "messa in croce"


Categoria: DIRITTI E LIBERTA'
Pubblicato Mercoledì, 16 Gennaio 2013 16:54

I tribunali di Sua Maestà Elisabetta II sono stati giudicati colpevoli per non aver protetto il diritto di una cittadina britannica alla “libertà di pensiero, di coscienza e di religione”. La Corte europea dei diritti umani ha così messo fine, dopo sette anni, alla battaglia legale di Nadia Eweida, dipendente della compagnia aerea British Airways a cui era stato impedito di indossare al collo un crocefisso sul posto di lavoro.

 

Secondo il dress-code imposto dalla compagnia fino al 2006, successivamente modificato, agli impiegati era infatti vietata l'esposizione di qualsiasi gioiello o simbolo religioso. Ma, spiega la sentenza di Strasburgo, i giudici inglesi avrebbero “dato troppo peso” alle norme interne imposte dalla società, perdendo di vista “l'importanza della libertà di religione, elemento essenziale dell'identità dei credenti e fondamento, tra altri, delle società democratiche pluraliste”.

 

British Airways è stata così condannata per discriminazione e Nadia Eweida otterrà un indennizzo di duemila euro più trentamila euro per le spese processuali. E si è dichiarato subito “molto soddisfatto” della decisione il primo ministro David Cameron, secondo cui “è stato riaffermato un valore: la gente – ha scritto su Twitter il premier inglese – non dovrebbe essere discriminata per le proprie convinzioni religiose”.

 

Una 'verità' che, però, secondo la Corte europea, non può essere applicata a tutte le situazioni sul lavoro. Il tribunale di Strasburgo ha infatti respinto le istanze di altri tre cittadini britannici, un'infermiera che era stata licenziata per aver rifiutato di togliersi una catenina con la croce come richiesto dall'ospedale per questioni di igiene e sicurezza e due dipendenti comunali categorici nel non voler offrire consulenza o celebrare matrimoni quando avevano a che fare con coppe gay, perché sostanzialmente in questi casi il diritto di affermare la propria identità religiosa sul posto di lavoro ledeva i diritti altrui (dei pazienti o delle persone gay). (red)



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