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29/03/24

Covid 19. Musei online, l’arte è gratis


Categoria: MOSTRE
Pubblicato Sabato, 28 Marzo 2020 13:41
  • Giovanni Lauricella

In questi giorni si moltiplicano gli appelli di restare a casa, e sono molti gli artisti e i soliti noti onnipresenti nei media che lo consigliano; mettono la faccia, mestamente invidiosi, degli sconosciuti che, sfruttando l’anonimato, possono fare quello che vogliono, una rivincita insperata degli sfigati che si sono dimenati in “indispensabili” footing, passeggiate con cani e scarico spazzatura, che il governo si è subito  apprestato a regolamentare.

 

Lo dico ovviamente per ironia gratuita riguardo a un’impennata di atteggiamenti irresponsabili, proprio quando si faceva più minaccioso il rischio di contagi, facendo diventare sempre più necessario l’obbligo di stare a casa. 

 

Viene utile, quindi, segnalare i molti musei virtuali che hanno visto trasformare il criterio di visita tradizionale in quella che si ha tramite uno schermo, fenomeno parallelo di quello che si è tanto demonizzato nel commercio online, che vede in Amazon il leader occidentale delle vendite a scapito dei negozi che faticano a resistere, solo che in questo caso a soffrire sono i musei.

 

Un fenomeno globale, anche se prioritariamente occidentale, del cambiamento che presto darà segnali di una trasformazione della società di massa e soprattutto del suo aspetto più evidente sul quale ci confrontiamo quotidianamente, quello dei consumi di massa che travolgerà la cultura così come la conosciamo adesso.

 

Per adesso cito solo alcuni musei online tanto per esempio non pretendo di fare una guida: Pinacoteca di Brera – Milano da vedere anche in Altissima definizione, Galleria degli Uffizi – Firenze, Musei Vaticani – Roma, Museo Archeologico – Atene, El Prado – Madrid, Louvre – Parigi, British Museum – Londra, The Solomon R. Museum – New YorkHermitage – San Pietroburgo, National Gallery of Art – Washington, MoMA – New YorkMet– New York, Georgia O’Keeffe Museum – Santa Fe, New Mexico, Van Gogh Museum – Amsterdam, Musee D’Orsay – Parigi, Tate-Londra, Scottish National Gallery – Edimburgo ecc. ecc. Basta andare su Google o meglio su  Google Arts & Culture e vi accorgerete che non conviene più comprarsi un biglietto aereo,perché si ha tutto il mondo a portata di mano, non solo l’Italia.

 

Pensare che, qui a Roma, ci sono voluti decenni per riuscire a catalogare alcuni beni museali tramite foto, un progetto che intende rendere consultabili i musei nell’apposito istituto dei beni culturali denominato ICCD, che a fronte di un massiccio investimento di denaro è approdato a un timido risultato, un sito di difficile consultazione ma che fortunatamente è reperibile in rete.

 

Infatti, in questi giorni, in brevissimo tempo, sta avvenendo un miracolo: basta andare su Google e di giorno in giorno la lista deimusei online diventa sempre più lunga, comprese le mostre più importanti, come ad esempio quella su Raffaello alle Scuderie del Quirinale, pochi giorni fa in questa rubrica recensita, o quelle del comune di Roma: Musei Capitolini, Mercati di Traiano, AraPacis, Museo Napoleonico, Museo villa Torlonia.

 

S’intensificano altresì le visite guidate e le  conferenze online, una miriade di appuntamenti che richiedono la presenza dell’utente in streaming, fenomeno già da tempo esplosivo nel web. Segnalo ad esempio Is this a painting al Nomas Foundation di Roma, con un titolo preso da Jackson Pollock che in questo caso è tutto un programma, anzi è quello che tenterò di spiegare in seguito riguardo a tutta la situazione che si è venuta a creare.

 

A pensarci bene non è poi tutta questa grande valanga perché a paragone migliaia di artisti, nel mondo milioni, si “espongono” sui siti internet in varie maniere prevalentemente con: Youtube, Facebook, Istagram, WhatsApp e chat varie, sistemi che vengono usati massicciamente allo scopo e pure con affanno, sembra che tutti non vogliono perdere nemmeno un giorno di notorietà. Sicuramente avrete già avuto messaggi con appuntamenti, video o foto di qualche artista amico. 

 

Artisti contemporanei, molti dei quali sono conseguenti alle elucubrazioni dell’abolizione della cornice come boccascena del teatro di un inganno, la superficie pittorica che offre l’illusione della profondità (cose che Erving Goffman o anche Ortega y Gasset hanno insegnato) e si trovano a dimenarsi nel “teatrino” di un misero smartphone. 

 

Che dire, dal tradimento dell’effetto scenico che tanto hanno contrastato i pittori dall’impressionismo in poi alla digitalizzazione dell’opera d’arte, è una vera “Rivoluzione cinese”, è da lì che viene il virus, che nemmeno Mao con la sua “Rivoluzione culturale” (settemilioni o 30 milioni di morti, trecento mila per alcuni) può vantare.  Xi Jinpingha al momento solo ventunmila morti. (Scherzo naturalmente, anche se ammetto che è macabro).

 

Aggiungo che in questo fenomeno sono coinvolte in varia misura tutte le arti, come dimostra ad esempio la presenza dei poeti nei social sopra elencati con appuntamenti di godibile intrattenimento.

 

Stiamo solo all’inizio ma sicuramente vedremo molto di più di quello che ho appena elencato; aumenteranno le piattaforme, sta nascendo un mondo nuovo condiviso e anche la scuola, quella che prepara il futuro dei giovani, si sta miracolosamente cimentando a scoprirlo in questi giorni, anche se con molte difficoltà. La civiltà delle immagini si fa sempre più importante come i sistemi di comunicazione che in numero sempre maggiore abbiamo a disposizione.

 

Molto penalizzati altresì, in questo periodo, sono i numerosi musei e gallerie che ultimamente avevano aperto come centri culturali, sostanzialmente reggendosi sulla gestione di caffetterie per ammortizzare le spese (anche se molti di loro sono fondazioni): un vero peccato perché, soprattutto a Roma, avevano dato un notevole impulso a una “movida” culturale di tutto riguardo, come ad esempio il Musja (su Spotify) o Palazzo Merulana, ma anche più spassosi come Contemporary cluster. 

 

Insomma, polemicamente si potrebbe dire che è una vittoria insperata dell’Avanguardia, diretta antagonista dei musei (futuristi, dada ecc.) e ancora di più di tutti quelli che avevano profetizzato la morte dell’arte, o quel fenomeno della riduzione a un “moltiplicatore” dell’immagine artistica. Il Ready-made di Duchamp prendeva oggetti che l’industria produceva in serie, mentre Andy Warhol si è speso molto nelle tecniche di riproduzione dell’opera che andavano dalle fotocopie alla fotografia, dal video alla serigrafia o alle icone ridipinte in serie e assemblate in formazione di sei o otto quadri insieme, sempre dello stesso soggetto sfruttato in senso consumistico … come a portarci alla sfiducia denunciata da Burke nei confronti dell’immagine come documento storico.

 

Nel 1985 in “Lezioni americane” l’allarmato Italo Calvino, e non si usava ancora internet, si chiedeva quale poteva essere il futuro dell’immaginazione individuale in quella che a suo tempo già definiva “civiltà dell’immagine”, tema che ha coinvolto pure Umberto Eco, Marc Augé,Georges Didi-Huberman e tanti intellettuali. Paradossalmente assistiamo oggi a un ribaltamento della “filosofia delle immagini” di Jean Jacques Wunenburger nei fedeli mussulmani ed ebrei che, accidenti a Steve Jobs e al marketing, usano malgrado loro lo smartphone fonte inesauribile d’immagini, realtà virtuale, verità quotidiana che inconsciamente si sovrappone a quella religiosa, traslazione e trasformazione in simulacro di iperrealtà di Jean Baudrillard.  

 

Contempliamo forse una cultura che si dissolve in un eterno rivivere, uno spettrale passato sempre presente, quel “Vortice estetico” di Flavio Cunimberto.

 

La civiltà di massa, su cui tutte le democrazie hanno puntato le loro risorse, vedono adesso un pericolo, il consumismo, che è il suo aspetto più vistoso, flettere nei confronti di soluzioni che riducono l’affluenza di pubblico in senso fisico per moltiplicarla in maniera esponenziale in senso virtuale; avremo quindi una società reale con un’altra parallela, che è in definitiva immateriale o quasi e che nel tempo diventerà predominante proprio perché è facilmente moltiplicabile.

 

Allontanandoci sempre di più dalle profonde narrazioni sull’arte di  Yves Bonnefoy, che s’incantava di fronte ai quadri (veri), da questa crisi, causata dalla pandemia, usciremo senza dubbio diversi in un mondo diverso. Considerato l’argomento, munitevi di un buon antivirus.

 


 

 



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